Il pittore, scultore e poeta Giovanni Maltese (1852 – 1913) nacque a Forio da una famiglia di umili contadini. Ben presto rimase orfano di madre e, dopo che il padre fu convolato a seconde nozze, venne affidato ad alcuni zii che lo avviarono alla vita dei campi. La terra, la viticoltura, l'"arte dell'agricoltura", come ebbe a definirla il poeta Giovanni Verde (1880 - 1956), biografo del Maltese, furono l'ambiente nel quale il giovane foriano scoprì e consolidò il suo talento artistico. Pare che a 16 anni fosse già così bravo a ricavare figure di animali e uomini intagliando il legno con un semplice temperino, che la cosa non passò inosservata al sindaco dell'epoca Orazio Patalano. Grazie ai buoni uffici con la Provincia, il sindaco ottenne per il giovane artista una borsa di studio di Trenta lire mensili, grazie alla quale riuscì a iscriversi, con profitto, all'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Conseguito il diploma, il Maltese andò a bottega presso il grande scultore Giulio Monteverde (1837 – 1917), che aveva studio in Roma. Al maestro, il cui plauso, fu l'unico e grande biglietto da visita che il Maltese poté esibire in vita, lo accomunavano sia le umili origini, che gli esordi artistici come intagliatore.
A 30 anni compiuti venne scelto insieme ad altri per decorare il celebre castello di Chenansau nella regione della Loira, in Francia, ma la sua permanenza presso questa nobile dimora non fu né felice, né lunga. Inconciliabili screzi con il direttore generale dei lavori convinsero il Maltese a ritornare a Napoli dove, insieme alla scultura, sua prima e vera passione, si dedicò anche alla ritrattistica, al sol fine di racimolare l'indispensabile per vivere. Tuttavia, anche la permanenza a Napoli durò poco. Il terribile terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 portò via tutto quel che all'uomo restava della sua famiglia: la casa campestre, l'unico fratello e il figlioletto di quest'ultimo. L'unica a salvarsi, per merito del Maltese stesso, che riuscì a tirarla fuori dalle macerie, fu la sua giovane cognata, con la quale dovette condividere la sciagura di esser rimasti, entrambi, soli. La donna senza più marito e figlio, Giovanni Maltese, senza più nessuno.
Il trauma del lutto, mai completamente riassorbito, fu alla base della decisione dell'uomo di non inseguire più riconoscimento e fama nel mondo dell'arte, senza tuttavia, rinunciare alla produzione artistica in senso stretto. Il Torrione, la maggiore delle torri costruite a Forio per contrastare le invasioni saracene, divenne per oltre un trentennio, dopo che l'amministrazione comunale dell'epoca gliel'ebbe concesso in enfiteusi, dimora e studio personale dell'artista. Qui conobbe, nel 1901, la pittrice inglese Fanny Jane Fairer, che sarebbe poi diventata sua moglie; qui produsse, e sono tutt'ora conservate, le sue sculture più importanti. Qui cominciò a scrivere quelle poesie in dialetto foriano (versi che per lo più prendevano di mira in forma satirica, talvolta pungente, talvolta sarcastica, la classe dirigente dell'epoca) che tanto scandalo suscitarono nella comunità locale.
Per lo meno a partire dal 1892, infatti, i rapporti tra il Maltese e alcuni notabili locali si fecero tesi a seguito del mancato finanziamento da parte dell'amministrazione in carica della scuola di disegno Giotto, ideata dallo stesso artista foriano per iniziare i giovani dell'isola alle arti del disegno e della scultura. L'episodio della mancata delibera a favore della sua attività didattica, venne vissuto molto male dal Maltese che, per vendetta, pubblicò, in tre successive edizioni, un famoso libello anonimo dal titolo dialettale «Cerrenne», letteralmente «Vagliando», che ebbe il duplice risultato di un successo di pubblico su tutta l'isola e di far infuriare gli amministratori locali. Questi ultimi, pare, si recarono addirittura in terraferma per scoprire quale tipografia avesse provveduto a stampare quei versi irriverenti, nella speranza, da lì, di risalire all'identità del loro estensore.
Tuttavia, nonostante i sospetti, non vi fu mai certezza del fatto che si trattasse del Maltese, fino a quando un altro letterato, poeta e giornalista di Forio, Luigi Patalano (1869 – 1954), non svelò all'amico e parente Giovanni Verde chi fosse l'autore di quelle furiose invettive in vernacolare.
Forse, proprio a causa dei contrasti e delle polemiche politiche che lo videro protagonista solitario contro l'intera classe politica del suo tempo, le spoglie di Giovanni Maltese che, nel frattempo, era morto nel 1913 (soli 12 anni dopo essersi sposato) per lungo periodo sono state nella fossa comune del cimitero di Forio. Solo successivamente si è provveduto a dare degna sepoltura alle spoglie dell'artista ribelle di Forio che coi suoi versi osò sfidare l'intera classe dirigente del suo tempo. Le opere del Maltese sono ospitate nella Sala Superiore del Museo Civico del "suo" Torrione.