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Il pittore di Forio Gino Coppa e la passione per l'Africa

L'arte etnica di Gino Coppa

Nella pittura di Coppa affiora sempre il senso di una cultura vasta e composita, assimilata attraverso esperienze profonde, scelte intelligenti, filtrate da una sensibilità acuta e vibrante, che nulla lascia al caso e all’improvvisazione, al puro gioco formale”.
(Paolo Ricci, Artisti dell’isola d’Ischia, a cura di Massimo Ielasi, Società Editrice Napoletana, 1982)

Roma, Istanbul, Francoforte, Berlino, Monaco di Baviera, Parigi, e poi ancora Austria, Grecia, Svizzera, sono le città e le nazioni in cui ha esposto il pittore foriano Gino Coppa, probabilmente l’artista isolano, insieme a Mario Mazzella, che ha raccolto i maggiori successi di critica e di pubblico a livello internazionale. A ulteriore dimostrazione dell’esistenza di una scuola ischitana di pittura nel ‘900, su cui tuttavia ancora non si è indagato e studiato a sufficienza.

Nell’arte di Gino Coppa convivono cultura alta e temi popolari, con una forte caratterizzazione etnica che è presente in tutti i cicli pittorici dell’artista: dalla produzione giovanile, dominata dalla realtà paesana colta negli aspetti rituali e folcloristici (processioni, feste, scene di pescatori, contadini, paesaggi foriani); al periodo africano, dove matura e si consolida quello che il critico e giornalista Paolo Ricci ha definito un approccio artistico "anti-idealista"; fino al ciclo dei bambini, durante il quale l’osservazione quotidiana dei sui tre figli diventa l’occasione per una riflessione più profonda sul mondo dell’infanzia, tra l’altro, senza nessuna concessione idilliaca e pedagogica.


Certo, il talento evidente sin dalla prima infanzia e l’incontro a Forio con il pittore tedesco Eduard Bargheer, da cui apprende e fa sua la lezione dell’espressionismo tedesco, hanno giocato un ruolo decisivo nella vita di Gino Coppa, ma è stato il cosidetto “periodo africano” - che va dal 1957, anno della prima lunga esplorazione del Centro Africa (Congo, Kenia, Uganda), alle successive visite, negli anni ‘70, dell’Africa sub-sahariana - quello che ha maggiormente inciso sulla sua vita d’artista e ne ha decretato la fama internazionale.

Il contatto artistico con l’Africa non è stato ispirato dalla condiscenza buonista del “civilizzato” di fronte al “selvaggio”. Al contrario, vivere l’Africa è stata un’ esperienza politica e filosofica, illuminata dalla consapevolezza delle diseguaglianze e della loro matrice economica (di qui la militanza comunista), insieme alla maturazione di un personale processo creativo, appreso dall’arte africana, che va dal generale al particolare e non come nell’arte classica, dall’individuo all’ideal-tipo.  

Dunque il profilo di un artista complesso, domestico e cosmopolita allo stesso tempo, che ha assimilato il particolare clima culturale internazionale che si respirava a Ischia negli anni ‘50 piegandolo però alla propria poetica. Soprattutto un artista che ha ottenuto grande riconoscimento senza in fondo mai perseguirlo, continuando a vivere e a lavorare in solitudine nel suo studio, nella sua Forio.

 

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